ARMANDO SCANDELLARI,
PELMO D’ORO 2019 PER LA CULTURA ALPINA*
Chies d’Alpago, 27 luglio 2019
Molti uomini hanno amato la montagna con passione, hanno saputo raccontare il suo fascino e narrare la sua struggente bellezza, diventandone sensibili interpreti. Tra questi va senza dubbio annoverato ARMANDO SCANDELLARI, insignito a Chies d’Alpago del prestigioso premio Pelmo d’Oro 2019 per la cultura alpina, ritenuto soprattutto all’interno del CAI, ma non solo, uno dei più grandi conoscitori dell’alpinismo in generale, e di quello veneto in particolare, e uno dei più profondi studiosi delle tradizioni delle popolazioni di montagna, e di quella veneta in particolare.
Eppure, a ben guardare nelle sue coordinate biografiche, e nelle sue origini soprattutto, di affinità con la montagna veneta se ne troverebbero ben poche. Armando è nato da padre valdostano e da madre siciliana, catanese per la precisione, figura molto legata poi ai suoi richiami affettuosi, citata in più occasioni come una presenza protettiva che lo ha tutelato da pericoli e incidenti. Nato a Udine, casualmente, dirà lui stesso riferendosi al peregrinare dei genitori per l’Italia, con spostamenti continui imposti da ragioni di lavoro, e approdato a Venezia nel ‘37, all’età di 11 anni, dove ha messo radici rimanendovi per 35 anni, fino al 1972 divenendo fine osservatore ed interprete della cultura popolare veneziana. Per anni si è dedicato a riesaminare il ciclo delle leggende lagunari, che spazia su orizzonti di inesauribile ricchezza, approfondendo la conoscenza di certe pieghe della venezianità di grande trascendenza.
Come per tanti veneziani giunse anche per lui, negli anni Settanta, il momento di lasciare il centro storico per trasferirsi in terraferma, ma poco lontano, a Mestre, comunque sempre in comune di Venezia.
Abitatore quindi (e per tutta la vita) dell’area lagunare e delle terre basse, molto basse, praticamente a livello del mare, apparentemente estraneo, o quantomeno lontano dal mondo delle montagne, che dalla laguna si vedono, guardando verso nord nelle giornate più terse, spuntare come evanescente quinta che chiude l’orizzonte con le morbide linee prealpine, sovrastate dalle prime guglie dolomite sfumate di azzurrino.
Ma è proprio questa lontananza, che diventa allo stesso tempo pregnante incombenza, ad esercitare un fascinoso richiamo, irresistibile per alcuni che, ammaliati, restano troppo a lungo a scrutare l’orizzonte alpino. E Armando fra questi. La sua passione per la montagna maturò ancora in età giovanile, grazie alle prime esperienze di avvicinamento e di scoperta, tra gli anni delle scuole superiori e quelli dell’università, passione trasformata poi in scelta di vita ed in
interesse prevalente già a 27 anni, entrando dal 1953 come Socio del Club Alpino Italiano, presso la sezione di Venezia, prima, e di Mestre, poi, contando finora ben 66 anni d’iscrizione continua.
Tutti lo conosciamo come Accademico del Gruppo Italiano Scrittori di Montagna e come Vicedirettore e caporedattore della Rivista CAI “Le Alpi Venete”, ruolo assunto dal 1986 e ricoperto per oltre trent’anni, intessendo una lunga collaborazione con l’inseparabile Camillo Berti. Proprio su “Le Alpi Venete” fu spesso editorialista profondo ed attento, aprendo con riflessioni accorate e lungimiranti la prima pagina della prestigiosa rivista, sempre prodigo di moniti, auspici, avvertimenti, accorati richiami e acute intuizioni.
Ma ancor più Armando ci è noto, e caro, come modello di cortesia, di eleganza, di discrezione, di disponibilità, impegnato a promuovere l’alpinismo in maniera contagiosa presso i giovani e per i giovani, come a documentare l’alpinismo storico femminile e la nuova stagione che tinge tante pareti di rosa.
Alpinista meticoloso e di ricerca anche nei gruppi montuosi considerati a torto “minori”, ha salito oltre 150 cime, alcune più volte o per diversi versanti. Per questa ragione non ha mai sentito la necessità di aprire vie nuove, pur avendone individuate nel corso degli anni qualche centinaio, che puntualmente registrava in un suo libricino, mettendo poi le informazioni raccolte a disposizione di altri alpinisti. Maestro e insostituibile consigliere per molti.
Autore di sette guide escursionistiche ed alpinistiche, ha svolto attività solitaria al 95% sempre concentrato nella meticolosa perlustrazione del territorio in tutte le sue pieghe, battendo anche le derivazioni laterali al percorso stabilito, diventando in questo suo instancabile e solitario peregrinare fotografo appassionato e competente, che amava documentare direttamente le sue pubblicazioni.
Oltre che alpinista e scrittore, è stato collaboratore di numerose riviste, tra cui ALP, editorialista, conferenziere, critico letterario, presentatore, paziente raccoglitore delle tradizioni della montagna veneta e trentina. Con le sue opere di letteratura popolare è riuscito a gettare un fascio di luce nuova sui patrimoni culturali conservati dalle comunità valligiane, spesso ignorati o trascurati dalla cultura ufficiale.
Molto si è speso nell’editoria dedicata alla montagna, come promotore e curatore di una trentina di guide sulla montagna estiva ed invernale, ma anche per opere dedicate alla letteratura e alla storia bellica in montagna, dalla Grande Guerra alla Resistenza. Per un quinquennio, dal 1995 al 1999, prestò la sua competente esperienza anche come curatore della Rivista “Liburnia” del CAI di Fiume.
Complessi e ricchissimi i suoi 66 anni all’interno del CAI, impegnati in tanti ruoli diversi: referente del Comitato Scientifico VFG, consigliere e segretario della Fondazione Berti, fondatore e presidente del Gruppo Montagna del Gazzettino, componente del Gruppo centrale di lavoro CAI per il coordinamento delle attività culturali, componente della Commissione centrale del CAI per le pubblicazioni, componente del
Comitato di coordinamento VFG dal 1995 al 2000, poi consulente della Presidenza.
Proprio la sua competente e puntuale conoscenza della storia dell’alpinismo e dei tanti protagonisti lo portò ad assumere il prestigioso incarico di comporre due volumi dei manuali editi Club Alpino Italiano, creando un’opera descrittiva, di facile lettura e apprendimento, costruendo un interessante percorso logico e cronologico, certamente stimolante, confermandosi come fine interprete dell’etica e dello spirito alpinistico degli ultimi 250 anni.
Si tratta di “Alpinismo: 250 anni di storia e di cronache” – I volume “Dalla conquista del Monte Bianco all’epoca del sesto grado” e II volume “Dall’artificiale al terzo millennio” – editi tra il 2009 e il 2010 nella collana Manuali del Club Alpino Italiano.
Tra gli ultimi grandi lavori va infine ricordato lo splendido volume “Alpinismo Veneto – Dai 150 anni del Club Alpino Italiano 1863-2013” composto con Mirco Gasparetto
e Silvana Rovis nel 2013, per conto di CAI Veneto in occasione del 150° anniversario della fondazione.
Per la sua infaticabile attività di divulgatore della cultura alpina e della pratica alpinistica nel 2010, a Riva del Garda è stato insignito, per mano del Presidente uscente Annibale Salsa, della Medaglia d’oro del Club Alpino Italiano.
Sembra quasi che tra la sua attività alpinistica diretta e quella indiretta come responsabile de “Le Alpi Venete” Armando possa dire di aver conosciuto tutte le montagne, almeno quelle dell’arco alpino, e di aver spaziato su vasti orizzonti. Eppure, se gli si chiede quali siano le sue “montagne del cuore”, risponderà senza esitazione nella sua consueta modestia: “Le Dolomiti: un universo perfetto e colorato di 5000 cime, guglie, torri che nessuno mai riuscirà a frequentare e conoscere appieno”.
Francesco Carrer
*Profilo elaborato sulle note biografiche fornite da Silvana Rovis
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